Pensate di entrare al supermercato: è un gesto abitudinario, varchiamo la soglia e ci dirigiamo decisi nella corsia dei prodotti per la cura della persona con l’intento di prendere un deodorante stick. Davanti allo scaffale campeggiano tanti prodotti simili tra loro: c’è quello a marchio del supermercato, quello biologico, quello simil-farmaceutico, quello delicato perché senza alcol e quello con il pack bianco e azzurro. Deciso e senza pensarci troppo afferri quest’ultimo e prosegui con gli acquisti.
Credi davvero che la scelta sia stata razionale? Forse lo pensi ma in realtà – mi spiace – no, non lo è stato affatto.
Ogni volta che ci troviamo di fronte a una scelta, il nostro subconscio innesca una serie di interrogazioni e associazioni istantanee che terminano con l’utilizzo della strada più breve, una scorciatoia che il nostro cervello ha creato per permetterci di prendere decisioni immediate.
Quante volte di fronte a un prodotto che non conosciamo abbiamo “agito di pancia”, acquistandolo “di istinto”?
La pancia c’entra poco però: la vera motivazione risiede in anni di associazioni – alcune positive e altre negative – di cui siamo solo in parte coscienti e delle quali in minima parte abbiamo memoria.
Di fronte a una decisione d’acquisto il nostro cervello passa in rassegna questa enorme libreria e ne ricava una risposta rapida ed efficace, quella che determina l’acquisto. Questa scorciatoia si chiama marcatore somatico.
I marcatori somatici sono una specie di segnalibro capace di semplificare le nostre decisioni d’acquisto. Frutto di esperienze vissute, ricompense, punizioni, vittorie e rifiuti, i marcatori somatici ci permettono di ridurre istantaneamente – e senza che ce ne accorgiamo! – il ventaglio di possibili scelte, concentrandoci su quella che darà il risultato migliore e più sicuro.
Essi non sono però un retaggio esclusivo di esperienze remote.
Produciamo marcatori somatici quotidianamente, aggiungendoli a quell’immensa libreria di associazioni che ci accompagnerà per tutta la vita. E più sarà ampia questa collezione, tante più decisioni d’acquisto saremo in grado di prendere in totale sicurezza.
Riflettiamo un attimo: senza marcatori somatici la nostra quotidianità sarebbe impossibile. Non saremmo capaci di utilizzare lo smartphone, spremere il tubetto del dentifricio, cucinare o guidare l’auto.
Soffermiamoci sull’automobile ad esempio: perché tanti consumatori scelgono di acquistare un BMW invece di un’auto altrettanto elegante e di medesimo pregio e caratteristiche?
Esatto! La risposta risiede in quel marcatore somatico che associa “Germania” e “Automobile” alla costellazione di valori che nell’arco della vita abbiamo associato alla produzione automobilistica tedesca: rigore, sicurezza, efficienza, affidabilità. Sulla base di marcatori inconsci la nostra mente ha operato l’associazione portandoci di riflesso ad una scelta.
Che cosa ha a che fare con il marketing tutto ciò è presto detto!
La nostra preferenza per una marca ha molto spesso poco o nulla a che fare con le caratteristiche del prodotto, e quasi tutto con i marcatori che il brand stesso ha avuto cura di creare o valorizzare.
Ricordate la pubblicità della Scottex, il celebre marchio di carta igienica? La sua fortuna – che lo portò a distaccarsi nettamente dai competitor a parità di investimenti pubblicitari e di caratteristiche di prodotto – fu un cucciolo di Labrador.
Per anni Scottex ha usato il cucciolo-mascotte per pubblicizzare quanto “morbida, robusta e lunga” fosse la sua carta igienica. Può sembrare una associazione azzardata agli occhi dei più, ma fermiamoci un attimo a riflettere: i cuccioli non sono forse sinonimo di famiglie giovani, di crescita, di sicurezza e apprendimento?
Probabilmente di fronte allo scaffale il consumatore non ricorderà la pubblicità, ma percepirà in Scottex un insieme di collegamenti concettuali molto più ricchi e positivi che non nei marchi concorrente.
Ecco quindi palese quanto sia importante nel marketing e nella pubblicità costruire marcatori somatici e valorizzare brand e product values.